ELEMA GALLERIA ESPOSITIVA

                                                                                                                                                 

        

  ARTELEMA è...


incontro, confronto,

discussione, scambio,

esperienza, visione,

condivisione,

convivenza

 e molto altro

MANIFESTO

 

Oggetto: è linguaggio

 

Assioma: tutto è linguaggio.

Come è detto anche nei Vangeli, la Verità è venuta al mondo non nuda, ma attraverso simboli.

Ecco, inconfutabilmente, al di fuori del piacere o del dispiacere, fuori dall'idea di bello, di brutto o di qualunque altra cosa voi vogliate, attraverso il linguaggio noi stessi ed il mondo acquisiamo senso o attribuzione di senso. Esso si pone come diaframma, filtro, membrana, enzima, tra conosciuto e conoscitore.

In alcune circostanze di estrema lucidità o follia, tutto ci appare come una enorme metafora linguistica. Tanti e molteplici sono i linguaggi, ma tutti, nella loro forma archetipica ed astratta, sembrano essere riconducibili ad un alfabeto: una grammatica trasparente, vuota. Ombrosa.

L'arte è la sublimazione linguistica e il pensare ed il fare umano sembrano ricondurre ossessivamente alla parola “linguaggio”.

Due persone parlano, si confrontano, la loro voce si mescola, diviene la forma linguistica del “dare forma”; la danza prodotta da questo simposio esprime in maniera sublime, indicibile ed irripetibile il vero, l'adesso, il compiuto.

Il dialogo intimo e profondo tra due esseri ci appare come l'arte, la magia, la verità più autentica.

A me, a noi, che dell'arte facciamo ragione, ci è parso che tutto ciò meritasse testimonianza, linguaggio.

Come in un lucido sogno o nella meditazione più profonda, alzandoci da noi stessi, prendendo distanza, osservandoci come “un Dio minore”, la visione dall'alto, l'ascolto silenzioso, l'occhio del bambino nascosto, sembrano averci rivelato un'occasione, un modo, un linguaggio.

Ora, in questo istante, sembra che tutto possa essere finalmente raccontato, senza che l'unto, il grasso delle mani, possano sporcare ciò che ci è troppo prossimo, vicino.

Una giusta distanza e visione rendono possibile anche il confronto con quelle forme già alte, perfette, che, intuitivamente, inconsciamente, sappiamo non ricodificabili.

Le coscienze più vigili ripetono, ricalcano, pregano, per non sbagliare, omettere, aggiungere arroganza, arrogarsi la proprietà. Sono monaci, sono esseri silenziosi fuori dalla storia e dal riconoscimento. A noi uomini occidentali ai quali è chiesto di consumare, bruciare, tutto ciò appare lontano, inarrivabile, come un tempo di purezza, di ingenuità, che non può più tornare.

Avrei, avremmo, potuto scherzare, giocare, prendere e prenderci un po' in giro; avrei, avremmo, potuto, furbamente o ingenuamente ripetere, ma monaci non siamo.

Ma ecco che è il tempo, il luogo.

O forse, o meglio, noi stessi, in un in sforzo immane, abbiamo volato, creato.

Alcune immagini sono vere come è vero il rosso, nel senso che “rosso” prima di tutto è ed appare come rosso. Inevitabilmente, inequivocabilmente, esso è, e con lui, dietro, tutti i sensi, tutte le attribuzioni sono già sottintese. Ora, come approcciarsi a tanta perfezione linguistica?! Solo attraverso un alito leggero, come il vento che solleva una foglia. Ora questa, la foglia, vede, racconta ciò che a terra era confuso, indicibile. Di fronte ad un'icona, ad un'immagine di meditazione, non ci sono parole, fuori da essa c'è la retorica del metalinguaggio, del parlarsi sopra, della cultura, della finissima e squisita cultura.

Per quanto tutto ciò possa soddisfare i morbosi sensi la storia ed il fare del mondo sembrano perdersi in un rito profano. Agli “antichi”, alle immagini perfette e parlanti noi abbiamo rivolto il nostro sguardo, non alla storia, ma alla preistoria, agli archetipi.